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martedì, 23 Aprile, 2024

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Maria Rita Parsi su bullismo e scuola

Maria Rita Parsi su bullismo e scuola.

 

 

Sono gli adulti che dovrebbero interrogarsi e mettersi in discussione se un bambino di otto anni, facendo da due anni il “bullo” in classe, riesce ad esasperare e a rendere impotenti sul da farsi, autorità, quali genitori ed insegnanti, al punto di spingere i genitori dei suoi compagni a non mandarli , a scuola, per protesta. Infatti, attirando l’attenzione su di sé, anche se in modo decisamente negativo, quel bambino sta chiedendo aiuto. Aiuto proprio a quelle “autorità autorevoli” che, se tali, dovrebbero essere capaci di ascoltarlo, comprenderlo, contenerlo, guidarlo, educarlo a stabilire rapporti sereni, rispettosi, ludici, proficui con i suoi coetanei. E ai suoi coetanei di stabilirli con lui.
Ora, se la risposta è stata: “Devi stare solo!” si tratta veramente di un danno arrecato non soltanto a lui, ma all’intera comunità educante. I bambini, infatti, quando adottano comportamenti disfunzionali, distruttivi e, perfino, estremi, per esprimere il malessere che provano, lo stanno denunciando apertamente. Con l’inconscia speranza che quelli adulti che non hanno saputo cogliere i segnali ,costanti ed evidenti, del loro disagio, allorquando essi arrivano ad esprimerlo così platealmente, possano finalmente prenderne atto, comprenderlo, sanarlo. Vogliono, insomma “mettere alla prova” la capacità e la validità dei loro insegnamenti, della loro guida e delle regole che essi esigono di veder rispettate dai minori. I quali, però, si aspettano di vederle rispettare e agite in modo coerente e competente proprio da loro.
Pertanto, il fatto che i genitori non abbiano inviato i loro figli a scuola, per protestare contro le azioni bullistiche di un bambino di otto anni, senza trovare in precedenza, con il Preside e gli insegnanti della scuola, un valido accordo con la sua famiglia, per gestirlo e investendo sistematicamente del problema anche le autorità sanitarie del territorio, è un evidente dimostrazione non soltanto del fatto che non funzioni adeguatamente la “rete” di collegamenti che avrebbe dovuto, con rapidità, consentire loro di affrontare e risolvere “insieme” il problema. Invece di lasciare nelle mani di un bambino il potere di smascherare l’impotenza educativa, legale, sanitaria degli adulti, quale pessimo esempio anche per gli studenti rimasti a casa. A quando l’istituzione di una stabile équipe medico psico-antro-sociopedagogica nelle scuole di ogni ordine e grado, collegata alle realtà sanitarie del territorio che possa, al contempo, fare prevenzione ed operando un collegamento tra insegnanti e genitori, informandoli e formandoli costantemente sugli indispensabili i processi della psicoeducazione?
Maria Rita Parsi

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