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venerdì, 26 Aprile, 2024

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Maria Rita Parsi su caso Eitan

Il rapimento del piccolo Eitan pone una volta di più, e con modalità clamorose, l’accento sulla distanza che separa l’attuazione dell’art.3 della Convenzione Onu dei diritti dei Fanciulli e delle Fanciulle, laddove bisogna procedere nell’assoluto superiore interesse dei minori, dalla colpevole incompetenza di tanti adulti.
Il caso è ben noto: una famiglia distrutta, pochi mesi fa, in un incidente sulla funivia del Mottarone con un unico sopravvissuto: Eitan Biran, 5 anni, salvato dal padre, che gli ha fatto scudo col proprio corpo salvandogli la vita. Senza più genitori, senza più il fratellino, il bambino è stato affidato dai giudici tutelari alla zia paterna Aya che lo ha accolto e ha iniziato a seguire il piccolo nel lungo, difficile, recupero di una “normalità” perduta, provando a mostrargli che, nonostante tutto, c’è ancora una famiglia a lui nota ad accoglierlo e a prendersi cura di lui.
 
Il rapimento organizzato dal nonno materno e portato a termine con il rocambolesco trasferimento del bambino in Israele, ha di colpo interrotto questo percorso di “guarigione”. Scrivevo, non più di un mese fa che qualsiasi cambiamento alla situazione di già estenuante precario equilibrio, faticosamente conquistata ogni giorno, avrebbe rappresenterebbe per Eitan un ulteriore, violentissimo trauma. Trauma che andava ad ogni costo evitato. Purtroppo quanto paventato è accaduto, a motivo, forse, del conflittuale rapporto tra le famiglie. Ci sarà tempo per determinare responsabilità ed eventuali complicità, che andranno sanzionate con la massima severità, tanto più che ad essere state infrante non sono soltanto leggi nazionali, ma anche la Convenzione dell’Aia sulla protezione dei minori e, in primis, la Convenzione ONU dei diritti dei minori.
 
Ora c’è da riflettere, e prima ancora indignarsi, sulla crudeltà subita da questo bambino, i cui diritti sono stati violati con l'inganno. Gli adulti responsabili di questo evento sono persone centrate nel loro assoluto narcisismo, con una idea arcaica di possesso e territorialità che ha calpestato il bene di Eitan. Così, il movente dell’atto sconsiderato del nonno materno non è l’amore ma un possessivo egoismo. Quale nonno amoroso vorrebbe, infatti, infliggere a un bambino ulteriore sofferenza, oltre a quella devastante che la vita gli ha già inflitto? Il viaggio aereo che ha replicato il momento di sospensione, del trovarsi in alto, con sotto il vuoto, legato alla tragedia della funivia, è, peraltro, un ulteriore trauma a lui inconsciamente arrecato. Manipolazione, tradimento e rapimento sono,dunque, i tre caratteri di questa terribile vicenda e stanno procurando un danno esistenziale ad Eitan che può segnarlo in modo permanente. E pensare che proprio dalla cultura ebraica provengono alcune figure fondanti della psicanalisi e conseguentemente della psicanalisi dell’infanzia (Sigmund Freud, Anna Freud, Melanie Klein, Michael Balint, solo per citarne alcune), che tanto hanno contribuito alla comprensione della psiche dell’infanzia e dell’adolescenza, a partire dal caso del piccolo Hans, 5 anni, il cui percorso clinico fu pubblicato da Freud nel 1908. E che la stessa comunità ebraica in Italia ha prontamente condannato il rapimento. Ma questo poco importa al nonno (e forse anche alla nonna, se sarà confermato il suo coinvolgimento).
 
Leggo che la zia paterna, Aya, lasciava i suoi occhiali al bambino quando andava in bagno per dargli la certezza che sarebbe tornata, che non lo avrebbe abbandonato. Ora anche quella fiducia potrebbe essere venuta meno e il bambino verrebbe di colpo a trovarsi, nuovamente, senza alcun punto di riferimento. L’unica certezza, oggi, è, per lui, doversi adattare ad ogni nuovo distacco che la vita gli impone. La zia Aya ,infatti, è stata in questi mesi il ponte che ha collegato Eitan ai genitori, al fratellino, ai ricordi del passato con loro; la figura che lo ha sostenuto, con il fondamentale ausilio del percorso psicoterapeutico, nell’affrontare il trauma della perdita prima e nell’adattarsi alla nuova condizione poi. Ha dunque incarnato una, per quanto dolorosa, continuità. Così come un legame col passato è rappresentato da Pavia, il luogo in cui ha vissuto con i suoi genitori e ha continuato a vivere con la zia. Per tutti questi motivi le pratiche per il rimpatrio vanno accelerate e finalizzate nel più breve tempo possibile. Nella speranza che Eitan possa ancora trovare la strada del cuore per superare tutti questi traumi. I bambini, non dimentichiamolo, hanno risorse straordinarie.
 
 
Maria Rita Parsi
Psicoterapeuta e presidente Fondazione Movimento Bambino

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