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giovedì, 28 Marzo, 2024

fondato e diretto da Paola Severini Melograni

Una riflessione del nostro Autorevole Editorialista Umberto Piersanti

A che serve la poesia? Ci fa diventare più buoni, più attenti, più consapevoli? Certo, il Cantico delle Creature di San Francesco indubbiamente ci arricchisce sul piano etico e religioso. Se faccio altri nomi di poeti, come Baudelaire, Rimbaud e Ginsberg, autori più o meno “maledetti”, questi non ci danno sicuramente indicazioni morali o religiose, anzi ci sprofondano nell’inquietudine e nella trasgressione. Allora? La poesia interroga la profondità dell’essere umano, coinvolge le nostre domande più profonde. I temi fondamentali della poesia sono quegli archetipi che attraversano tutta la storia: l’amore, il trascorrere del tempo, il timore della morte, la contemplazione della natura e ancora altri.

Dunque la poesia, accusata spesso di essere la più individualistica delle discipline letterarie, è in realtà la più universale. I temi di cui sopra attraversano tutti i tempi e tutte le società, anche se le risposte possono variare a seconda delle situazioni storiche e geografiche. Comunque, ci sono dati antropologici che attraversano il tempo e ci coinvolgono tutti: la gelosia che prova Saffo a vedere una delle fanciulle del tiaso allontanarsi, quel sudore nelle tempie e nelle mani è lo stesso tremore che ci attraversa quando vediamo una persona amata allontanarsi da noi e scegliere altri compagni. Il timore di Orazio nel vedere i capelli incanutirsi e le pieghe del viso raggrinzarsi con l’avanzare degli anni è lo stesso nostro timore.

Dunque la poesia ha un valore antropologico molto più che sociologico: riguarda l’essere umano in quanto tale, essere umano le cui sostanziali prerogative permangono al di là delle differenze geografiche e temporali. In un periodo come il nostro dove c’è un enorme abuso di parole e di immagini, dove i mass media e i social media affollano tutte le nostre ore, la poesia mantiene un valore forte e si attiene ad una parola intensa e significativa, una parola che non può svanire come svaniscono le immagini pubblicitarie o le chiacchiere degli esperti sugli schermi televisivi. Questo è il valore fondante della poesia, una ricerca di verità che ci arricchisce sempre anche se, talora, può essere inquieta e dolorosa.

Ricerca di verità, ma anche di bellezza: le parole devono essere perfette, assolute, il loro ritmo ci deve coinvolgere e compenetrare.

Qualcuno potrà obiettare: la poesia talora parla di vicende e situazioni piccole, di oggetti minimi: in che modo dunque potrà coinvolgerci? Rispondo con le parole di Michael Hamburger: “la poesia può parlare anche delle sfumature di un tulipano, se è vera poesia parlando delle sfumature di un tulipano parlerà dell’universo”.

Ecco, questo è il primo messaggio che voglio lanciare: la forza della parola non si misura mai dalla tematica, ma dall’intensità con cui la parola viene detta. Il belato doloroso della capra di Saba ci ricorda i dolori del mondo. La felicità della primavera leopardiana nel Passero Solitario esalta la nostra capacità di cogliere le luci e i colori dell’universo.

Un’umanità priva di poesia è un’umanità a cui manca molto, sia sul piano della verità, che su quello della bellezza.

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