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venerdì, 29 Marzo, 2024

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A proposito della Tratta di persone – Articolo di Maria Rita Cerimele

Una realtà sommersa di cui si parla poco, anche perché, secondo qualcuno, potrebbe turbare la coscienza.

Personalmente penso che a turbare, o meglio a sconvolgere, la coscienza dovrebbe piuttosto essere l’esistenza di una realtà così devastante come la tratta.

Un crimine orrendo che riguarda un numero impressionante di persone – per la maggioranza donne-  di cui circa il 30% , ovvero 46 milioni secondo una stima approssimata per difetto, costituito da bambini e bambine dai 2 ai 10 anni, reclutati anche loro in modo violento o con l’inganno, che diventano vittime di sfruttamento sessuale (panorami terrificanti), lavorativo (oltre 200 milioni di minori di cui 73 milioni sotto i 10 anni, che lavorano in condizioni disumane, con un’alta percentuale di morti all’anno), vittime di morte violenta per espianto di organi, di matrimoni forzati e precoci, di addestramento militare.

Provengono prevalentemente da Nazioni dell’Africa, dell’America Centrale, ma anche dell’Est europeo, specialmente dalla Romania. Paesi tutti segnati da condizioni economiche molto precarie, da instabilità politica, da situazioni di guerra, mentre le connivenze si registrano in quasi tutti i Paesi cosiddetti sviluppati, compresa la nostra Italia, che pure ha buone leggi, che, applicate, danno risultati limitati, ma pur sempre incoraggianti.

Non è un fenomeno da confondere con l’immigrazione, ma sono evidenti le connessioni.

Le politiche migratorie restrittive lasciano ampio spazio a chi offre servizi illegali in cambio di denaro. Di molto denaro, che alla fine è procurato con l’assoggettamento a vincoli e a trattamenti lesivi della stessa dignità e l’avviamento  alla vendita del proprio corpo, e comunque ad attività degradanti, ma molto remunerative per gli sfruttatori. Del resto, la semplice condizione di clandestinità, di minori non accompagnati, comporta l’esclusione, la marginalizzazione, facilita il divenire preda di gente senza scrupoli.

Dietro a questa realtà ci sono organizzazioni criminali “storiche” (mafia, ’ndrangheta, camorra, sacra corona unita) che, duramente colpite da successi della lotta condotta dalle Istituzioni, si sono ristrutturate, costituendo veri “cartelli” transnazionali, in una florida economia parallela che, ispirandosi ai meccanismi di mercato, ne costituiscono l’altra faccia sul piano dell’illegalità.

Il traffico di persone è una ferita profonda, che incide non solo nel corpo e nella psiche delle vittime, a volte in modo indelebile, ma che tocca tutti noi, colpisce persone, esseri umani come noi,  per di più indifesi come i piccoli, ingannati. E’ una vergogna che prospera avvolta dall’ignoranza o dall’indifferenza dei più e diminuisce in certo modo la nostra umanità.

Per rimuovere le principali cause remote del fenomeno occorre spendersi per una cultura nuova, davvero di fraternità, di cura, e ripensare tutta l’economia, che non può continuare a sancire o approfondire disuguaglianze, a mantenere luoghi, come i paradisi fiscali, che favoriscono le organizzazioni criminali. Occorre conoscere e diffondere l’economia civile, di comunione, il microcredito, e d’altra parte, anche sapere che alcuni nostri stili di vita e scelte di acquisto di prodotti possono renderci complici inconsapevoli. Dietro un “risparmio” sui costi, ad esempio, anche nella consegna di un pranzo, c’è quasi sempre un lavoro sottopagato.

L’8 febbraio si ricorda la giovane sudanese che, rapita all’età di nove anni, visse sulla sua pelle le sofferenze della riduzione in schiavitù,  santa Bakhita. Furono i suoi rapitori a chiamarla così con perverso spirito umoristico, perchè Bakita vuol dire Fortunata. La bimba, per l’atroce trauma subìto, aveva dimenticato perfino il suo nome! Portò nel suo corpo 144 cicatrici di profonde ferite che le avevano inflitto dopo averla resa schiava. Il suo “acquisto”, da parte di un console d’Italia prima e poi da un’altra famiglia, segnò per lei l’inizio di una vita diversa. Incontrò rispetto, gentilezza, comprese che la dignità è parte integrante della persona umana e questo le diede pace, gioia e segnò l’inizio di una nuova vita.

Ed è divenuto,l’8 febbraio, la Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro questo odioso crimine. Organizzata da Talitakum, la Rete della vita consacrata contro la tratta, coinvolge un numero crescente di Associazioni, Movimenti, gruppi di persone impegnate in prima linea con coraggio e determinazione nella lotta contro questo fenomeno e nell’aiuto concreto alle vittime. E’, il loro, un lavoro delicato, che li fa entrare nelle vite di giovanissime donne e adolescenti, nelle

loro paure, emozioni, speranze, cocenti delusioni, nelle loro storie che troppo spesso non hanno un lieto fine  anche se non mancano episodi che si concludono con pieno successo. Non potrò dimenticare mai l’udienza privata con papa Francesco di tre anni fa.  Eravamo 110 (di cui oltre 30 giovani donne e uomini vittime di tratta, ora al sicuro in strutture protette), impegnati a vari livelli e rappresentanti anche di tanti che nel mondo lottano contro questo crimine, vera  “piaga nella carne di Cristo”, come il papa la definì in quella occasione. La sua denuncia nitida, implacabile, articolata attraverso risposte date a braccio ad alcune domande dei giovani presenti, ne tracciò un quadro nitido, drammatico. Forte la sottolineatura della vergogna della domanda, senza la quale non può esserci offerta, una vergogna bruciante per i paesi occidentali, ricchi, dove sono i clienti dei vari “servizi” in cui la tratta si articola, offerti su internet, sulla strada o attraverso reti perverse.

In quella occasione citò anche storie da lui conosciute di persona, come quella di un giovane eritreo che dopo 3 anni di calvario è arrivato in Italia o quella della giovane donna nigeriana, laureata, ingannata da una signora cristiana. Sono l’ignoranza, la povertàe la corruzione che permettono ai trafficanti di agire impunemente. E dà indicazioni precise: “occorre creare opportunità per lo sviluppo umano integrale. Potenziare l’educazione. Essa infonde coraggio a chi ha conosciuto questo male, spinge a denunciare i traffici, consente di dare messaggi ad altri, vittime di ignoranza, povertà, venduti talvolta dai propri familiari o da falsi amici”.

“Educazione e lavoro”, è una ricetta antica, “già sperimentata da don Bosco a fine 800”.

Un impegno che Francesco prende a nome anche di tutta la Chiesa.

Alla fine siamo usciti tutti con un’iniezione di speranza, di coraggio. Con la voglia di combattere, di rischiare, di aprire percorsi nuovi, per ridurre e magari eliminare questa dolorosissima piaga, con l’impegno a creare spazi sempre più ampi per sensibilizzare il maggior numero di persone e per lavorare concretamente insieme.

 

Per chi volesse saperne di più, anche circa gli eventi programmati, segnalo il sito:  www.preghieracontrotratta.org 
Rimando anche al mio articolo “Sono bambini, non schiavi” pubblicato in Città Nuova online ( 6 febbraio 2017)

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