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Domani: Giovanni Maria Vian racconta l’avventura dei codici della Bibbia tra scribi, ladri e falsari

Giovanni Maria Vian pubblica su “Domani” un articolo nella quale parla dell’asta che ha avuto luogo a New York mercoledì 17 maggio nella quale è stato venduto il codice Sassoon, presentato da Sotheby’s come il più antico manoscritto completo della Bibbia ebraica, che risalirebbe agli inizi del X secolo e contiene tutto il tanak.

La quotazione, spiega lo storico, è fra i 30 e i 50 milioni di dollari, una cifra enorme, mai raggiunta da un libro. Il proprietario precedente è un noto uomo d’affari svizzero Jacqui Safra, discendente da una famiglia ebraica siro-libanese che ha provveduto alla datazione.
La scoperta però è da attribuire a David Solomon Sassoon, nipote del capo della comunità ebraica di Baghdad. Vian racconta che Sassoon passò la sua vita a ricercare ed acquistare nel vicino e medio oriente centinaia di libri antichi tra cui il Pentateuco di Damasco – un manoscritto del X secolo con la sola torah (mancante di alcune parti) – e il codice ora all’asta.

Oggi la Bibbia si può trovare in un solo volume ma nella realtà e storicamente, è un testo composto da più libri che sono il frutto di stratificazioni e riscritture, infatti per esempio, anche il codice Sassoon è stato creato mediamente una quindicina di secoli dopo i libri del tanak.

Altri manoscritti della Bibbia ebraica, continua Vian, sono il codice B 19 A di San Pietroburgo, trovato da Abraham Firkovich e di cui invece la data è sicura: la trascrizione avvenne nell’anno 1008 al Cairo e il codice di Aleppo, che a differenza dei primi due non è completo, oggi conservato nel Santuario del libro a Gerusalemme.

Il codice è stato copiato approssimativamente nel X secolo, scomparve nel 1947 durante i disordini antiebraici in seguito alla decisione delle Nazioni unite di spartire la Palestina per poi ricomparire nel 1958, ancora integro. Successivamente, in Israele, il manoscritto fu misteriosamente mutilato e si persero 200 pagine.

Questo è quello che ha scritto il giornalista Matti Friedman nel 2012 nel libro The Aleppo Codex.

Il fattore comune tra questi codici è che tutti e tre derivano dalla più importante scuola di masoreti, fiorita per un secolo e mezzo (dal 780 al 930) in Galilea, a Tiberiade, grazie a sei generazioni della famiglia Ben Asher. I volumi sono frutto degli scribi incaricati di copiare il tanak che fino ad allora era fluido perché fino al VI secolo non era vocalizzato e dava luogo a diverse possibili letture iniziarono da allora a corredarlo con un sistema di annotazioni (detto masorah, «tradizione»), che sono anche interpretative. Venne così fissato il testo masoretico, quello dell’attuale Bibbia.

Il problema è accertare in che misura questo testo, di età medievale, sia vicino agli originali. Forme testuali divergenti e molto più antiche si leggono infatti in manoscritti parziali o frammentari.

Ma altrettanto antiche sono le traduzioni del tanak in greco, di valore inestimabile. Realizzate da ebrei di cultura ellenistica tra il III e il II secolo prima dell’èra cristiana nella «lingua comune» (la koinè diàlektos, paragonabile oggi all’inglese) hanno permesso una diffusione della Bibbia altrimenti impossibile in ebraico.

Di queste traduzioni fa parte anche il Nuovo Testamento greco contenendo dunque l’intera Bibbia degli ebrei e dei cristiani.


Fonte: https://www.editorialedomani.it/idee/cultura/asta-new-york-codice-sasson-s95xywmb

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