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venerdì, 29 Marzo, 2024

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Per la medicina del territorio, ispiriamoci a Isotta Gervasi, prima donna medico condotto, angelo in bici

Macinava chilometri e chilometri su due ruote per portare cure e sollievo ai sofferenti, specialmente poveri, di Cervia e dintorni. Un giorno di questo esempio magnifico di altruismo si accorse una scrittrice premio Nobel, Grazia Deledda…

Li abbiamo visti stremati dopo un turno, chinati su una tastiera del computer, ancora con il camice indossato, la maschera protettiva. Li abbiamo visti indaffarati passare da un letto all’altro, nel silenzio irreale dei reparti di terapia intensiva, con messaggi di speranza scritte sulle tute bianche, testimoni in prima linea di ciò che accade ai malati di Covid 19. Li abbiamo chiamati eroi e poi, nel più aberrante meccanismo che la natura umana può partorire, sono diventati capri espiatori della paura della morte e dell’angoscia che ci assale tutti, addirittura nemici per qualche gaglioffo (vedi le auto danneggiate dei medici e infermieri del turno di notte dell’ospedale di Rimini: a proposito, un grande elogio al Consorzio carrozzieri di Rimini e San Marino che, in 16, hanno riparato gratuitamente le auto assaltate. Ndr). Loro, però, sono solo uomini e donne che hanno scelto un lavoro, un lavoro duro che presuppone sensibilità, empatia, cura dell’altro. Nella storia della professione medica e in generale sanitaria, vi sono stati esempi straordinari di uomini e donne che hanno reso la professione medica una vera e propria vocazione. Una di queste è senz’altro Isotta Gervasi, “la dottoressa povera” che è entrata nella storia come prima donna medico condotto d’Italia.

Isotta nasce il 21 novembre 1889 a Castiglione di Cervia, prima di otto sorelle. Il padre Emilio, imprenditore edile, e la madre, Virginia Ridolfi, sono molto attenti all’educazione delle loro figlie e spingono soprattutto Isotta a dedicarsi agli studi. La giovane Isotta frequenta il liceo classico “Vincenzo Monti” di Cesena, poi a Ravenna, mostrando intraprendenza e curiosità. Isotta non sa quale futuro l’attende. Poi, un giorno qualunque, arriva la scintilla che cambia la vita di Isotta, mostrandole la via da percorrere.

È lei stessa a ricordarlo in un’intervista del 1965, quando racconta di aver salvato la vita a un giovane contadino a cui lei era rovinosamente caduta addosso, intenta a imitare gli acrobati del circo. Isotta guarda quell’uomo, comprende la gravità del momento e, in uno slancio di coraggio, pratica la respirazione artificiale applicando le regole apprese dal libro di scienze. Il contadino rinviene e ringrazia accoratamente Isotta per essersi presa cura di lui. È in questo momento che nasce la sua vera vocazione.

Finito il liceo, Isotta si iscrive alla facoltà di Medicina dell’Università di Bologna, allieva di Augusto Righi e Augusto Murri. Si laurea a Modena il 15 maggio 1917 e nel 1919 ottiene la specializzazione in pediatria. Comincia la sua professione medica alla clinica pediatrica modenese e nel 1919 diventa la prima dottoressa in Italia a ricoprire il ruolo di medico condotto. È una rivoluzione. Lavora a Savarna e Zaccaria, per poi continuare tra Ravenna e Cervia.

Siamo nel periodo fascista e Isotta deve affrontare non poche difficoltà e diffidenze, in una società ancora legata all’idea che alla donna e solo alla donna spetta il compito di avere cura dei figli e il governo della casa. La caparbia Isotta crede in quello che fa e dimostra di essere non solo molto capace nell’esercizio della professione ma scopre di avere una dote di sensibilità fuori dal comune. Per tutti Isotta diviene “la dottoressa dei poveri” o “l’angelo in bicicletta”.

Per molti anni la Gervasi macina, instancabile, chilometri e chilometri in bicicletta per raggiungere i suoi pazienti. La sua è una vera e propria passione che la spinge ad aiutare gli altri. È solita iniziare il giro di visite dalle persone più facoltose, accettando doni che poi ridistribuisce ai pazienti più poveri che visitava dopo.

Alla fine degli anni Venti, Isotta acquista una macchina, la Fiat 509, diventando una delle primissime donne alla guida di un’auto, un altro primato.

Durante la Seconda guerra mondiale però ritorna alla bicicletta. È questo il periodo in cui, instancabile, opera a ridosso della zona gotica, a Savio. Isotta non si risparmia, fedele a quel giuramento fatto il giorno della laurea, cura tutti, soldati di ogni nazionalità, sfollati e civili in difficoltà, tutto senza pretendere nulla in cambio.

 

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