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venerdì, 26 Aprile, 2024

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Proiezione del Docu-film sulla vita di Rosario Livatino, il saluto del Cardinale Bassetti

Oggi presso Palazzo dei Marescialli, il Cardinale Gualtiero Bassetti, Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e Presidente della Cei, ha assistito alla proiezione del docufilm sul giudice Rosario Livatino, che sarà beatificato ad Agrigento il prossimo 9 maggio. È presente il Presidente della Repubblica, Sergio MattarellaSignor Presidente della Repubblica, Signori Magistrati, Autorità. Di seguito condividiamo il saluto del cardinale Bassetti: 

E’ per me motivo di grande gioia essere presente qui a Roma in occasione della  presentazione del docufilm sulla vita di Rosario Livatino. Tra pochi giorni, domenica 9  maggio, il giovane magistrato assassinato dalla stidda agrigentina il 20 settembre 1990  verrà proclamato beato perché ucciso in “odio alla fede”. Una beatificazione che avviene,  come è noto, in una ricorrenza di grande significato: il 9 maggio del 1993 papa Giovanni  Paolo II nella messa celebrata nella Valle dei Templi lanciò un durissimo monito contro la  mafia colpevole di “calpestare il diritto santissimo di Dio” e di “uccidere” vite innocenti.  Ancora oggi sento vibrare nel mio cuore quel grido rivolto ai mafiosi con cui concluse la  sua omelia: “Convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio!”. 

Le parole che sono state pronunciate dai pontefici sulle organizzazioni malavitose sono  chiarissime. E a quelle di papa Wojtyla vorrei aggiungere le parole magisteriali di  Francesco che a Sibari, nel 2014, disse non solo che la malavita “è adorazione del male e  disprezzo del bene comune” ma che, soprattutto, quegli uomini che “vivono di malaffare  e di violenza” non sono in comunione con Dio e quindi “sono scomunicati”. 

La malavita organizzata – la possiamo chiamare mafia, camorra, stidda – non è quindi una  criminalità comune ma è un’organizzazione feroce e, al tempo stesso, una forma di  ateismo che si colora di tinte neopagane e di blasfeme citazioni cristiane. La malavita è  inequivocabilmente fonte di morte: morte della società, morte del territorio, morte  dell’anima delle persone. 

Le organizzazioni criminali per realizzare i loro progetti creano un clima di paura che  sfrutta la miseria e la disoccupazione, la disperazione sociale e l’assenza della certezza del  diritto. Proprio per questo è assolutamente necessaria la presenza dello Stato. Una  presenza forte, autorevole e soprattutto educativa. Come quella di Rosario Livatino. Ho  letto alcune cronache dei giornali del 1990 che raccontano la morte del “giudice  ragazzino”. Egli viene definito come “un giovane e minuto magistrato di 38 anni” che da  “dieci anni faceva il suo dovere”: in definitiva era “un giudice incorruttibile”. 

Rosario Livatino è stato un appassionato difensore della legalità e della libertà di questo  Paese. Un autentico rappresentante delle istituzioni che è riuscito a incarnare la certezza  del diritto e anche la cultura morale dell’Italia profonda: di quell’Italia che non si arrende alle ingiustizie e alle prevaricazioni, e che non cede agli ignavi e a coloro che si adeguano  allo status quo: anche quando lo status quo è rappresentato dalla mafia. 

Senza alcun dubbio, Rosario Livatino è stato un piccolo e giovane uomo ma, al tempo  stesso, è stato un gigante della verità. Un uomo che ha incarnato il Vangelo delle  Beatitudini perché egli aveva “fame e sete di giustizia”. 

Livatino ci lascia dunque una preziosa eredità civile e un altrettanto importante eredità  spirituale. Il suo martirio parla alla Chiesa e all’Italia intera. Ma soprattutto parla alle  giovani generazioni: a coloro che non sono ancora compromessi e che possono, anzi,  devono resistere, con tutta l’energia e il coraggio della gioventù, alle false lusinghe  malavitose.  

Vorrei riassumere l’eredità di Livatino con la stessa frase che ho utilizzato per ricordare  don Pino Puglisi: con la mafia non si convive! Fra la mafia e il Vangelo non può esserci  alcuna convivenza o tantomeno connivenza. Non può esserci alcun contatto né alcun  deprecabile inchino.

 

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